L’Albatross, il mio incontro

L’Albatross, il mio incontro

Settembre 11, 2020 0 Di .

Un’analogia…
Oggi ho pensato ad un’analogia col mio uccello favorito: l’albatross…
Vi racconto la prima volta che l’ho visto, in Nuova Caledonia, dove mi trovavo con il mio caro amico Robert Teriitehau, l’idolo locale.
Ero al lasco con la mia tavola da slalom durante una burrasca all’Isola dei Pini, isola che a mia insaputa ho scoperto essere considerata anche da Gaston, (com’e’ piccolo il pianeta) oltre al sottoscritto, uno dei posti più’ belli al mondo.
Un’ isoletta, a cinque ore di volo dallAaustralia.
Non è molto conosciuta, come non lo è la Nuova Caledonia.
Allora esisteva molta pubblicità’ negativa per via degli indigeni locali, una variante meno forzuta, ma più aggressiva, dei Maori zelandesi, ed i Kanaka della papua nuova guinea, ultimi cannibali rimasti, estremamente xenofobici…
So che non vi sorprenderà’ il fatto che avessi amici anche tra di loro..
Ho scoperto più tardi, che non si trattava di un avvistamento abituale.
Anzi al contrario, era un episodio più unico che raro, essendo l’albatross un uccello praticamente esclusivo dei mari del sud: veramente raro vederli a nord della Nuova Zelanda!
Se dovessi farvi un paragone, menzionerei un aliante che sta per atterrare sulla la parte calma del fronteonda, e poi, all’ultimissimo momento, cambia idea…
Con la punta di un’ala come la mano di un surfista nel tubo, sfiorando l’acqua..
Il mio innato interesse per la mitologia mi aveva preparato solo in parte alla sua maestosità, un’apertura d’ali d’oltre tre metri e mezzo..
Il nome della specie, o forse del gruppo, è diomedea (perchè nella mitologia greca i compagni guerrieri di Diomede, così si trasformavano).
Un uccello che ti è compagno nella tempesta, associato a mille interpretazioni, per lo più gravose.
Prima fra tutte la credenza che abbatterlo causasse conseguenze catastrofiche.
Simbolicamente, infatti, è conosciuto come causa di preoccupazione.
Io invece ne sono rimasto affascinato, l’ho interpretato come compagno fedele nei momenti difficili.
L’ho battezzato il simbolo del mio motto favorito: “fluctuat nec mergitur”
Negli anni a seguire, rileggendo Melville in Moby Dick, mi aveva colpito la sua descrizione del loro primo incontro, nel suo habitat naturale, molto più a sud, nell’Oceano Antartico.
Paragono l’abatross ad un aereo di linea storico, il Boeing 737, sia per durata (oltre 50 anni di vita) che per uso (oltre 8.5 milioni di kilometri) coprendo distanze di 15,000 km, ad una velocità di 80 km/h.
Matura lentamente e progressivamente, continuando ad apprendere come utilizzare i venti e le correnti.
La femmina depone un solo uovo, che, come coi pinguini, viene accudito da entrambi i genitori.
Il processo di svezzamento e’ lungo ed arduo.
Appena completato i genitori si prendono un anno sabbatico interamente dedicato al planare l’oceano.
E’ un uccello con un bagaglio culturale immenso, in via d’estinzione…
Incontrarne uno (come è capitato a me… e nelle mie circostanze) è un avvenimento rarissimo, che capita, se capita, una volta nella vita…

Un abbraccio ghibli,
P.s. vi voglio dedicare la canzone “i smile” , ovvero “io sorrido”, di Kirk Franklin.
se ne avrete occasione, ascoltatela pensandomi

Chico