Auguri di Natale 2012 da Chico

Auguri di Natale 2012 da Chico

Settembre 11, 2020 0 Di .

Durante il periodo Natalizio sono solito ricevere lettere che scaldano il più freddo dei cuori, che
intagliano la pelle più dura. Mi ha scritto qualche giorno fa una ragazza vent’enne fiorentina di
nome Ambra, una di quelle lettere che ti fanno sentire privilegiato per riceverle, che ti fanno sentire
fiero della tua nazionalità. Nel leggere le parole di Ambra, ho percepito a livello epidermico il suo
entusiasmo, la sua grande voglia di aiutarmi.
Mi è venuto spontaneo pensare a Savanna Sky, la mia figlia maggiore che il 30 di questo mese
compie 18 anni. Le sto scrivendo nel mese di Dicembre nel caso di malfunzionamento di questo
servizio postale “Tartaruga Express”.
Dei miei 3 figli Savannah è quella che ha sofferto di più, aveva quasi 5 anni quando mi hanno
arrestato, è colei che non può dimenticare i baci della buona notte e le sue sveglie sussurrate con il
sorriso sulle labbra ogni mattina … un lieto vivere quotidiano strappatoci con la velocità e la violenza
di una tromba d’aria.
I miei figli, fortunatamente sono cresciuti ottenendo ottimi risultati sia a livello scolastico che a
livello sportivo, dotati di una morale che renderebbe fiero anche il più burbero dei padri.
I miei 3 figli camminano a testa alta e non si vergognano del proprio padre.
Purtroppo c’è ben poco che possono fare attivamente, soprattutto in questo Stato così ermetico, che
vede ogni influenza esterna come un attacco di peste bubbonica.
Crescendo sani nella vita, nel corpo e nella morale, hanno iniettato in me la forza necessaria per
continuare a sopravvivere. E’ anche vero che senza la gigantesca dimostrazione d’amicizia esternata
da centinaia di migliaia di persone in Italia, il mio cammino sarebbe stato molto più difficile, molto
più doloroso.
Vengo aggiornato nei limiti di ciò che mi è permesso su quanto viene fatto per me.
Ho saputo della vostra ultima iniziativa concreta, la raccolta fondi per le spese legali che state
effettuando su tutto il territorio nazionale. E’ difficile trattenere le lacrime, immancabile il nodo alla
gola che accompagnano quel senso di orgoglio per essere italiano.
Non auguro questa esperienza al mio peggior nemico, eppure ci sono aspetti in questa
incarcerazione che raggiungono l’intensità delle antiche tragedie raccontate da Omero e Virgilio.
Per un uomo libero è difficile, se non impossibile, vivere queste emozioni.
Alle elementari ero rimasto incredulo alla rivelazione che Salgari non aveva mai visitato la Malaysia,
un paese descritto nei suoi libri nei minimi dettagli. Nel periodo liceale, poi, mi sono domandato
più volte come Leopardi riuscisse a descrivere passione ed amore con tanta veemenza, che certo
non era fisicamente baciato dalla fortuna. Ero inoltre perplesso verso la notorietà di Marco Polo,
un astuto che utilizzando i racconti di altri ha descritto in modo accattivante un mondo sconosciuto
e civiltà simmetricamente opposte alle nostre: in realtà si chiamava Marco Pilich, nato a Korcula in
Dalmazia e non era italiano.
Le loro storie comunque hanno fermentato la fantasia di innumerevoli proseliti e sembrerebbe
quasi d’obbligo e dimostrativa la frase “il fine giustifica i mezzi”. Io non sono mai stato un grande
ammiratore di Machiavelli: calpestare il prossimo per trarne un vantaggio personale non è né il mio
stile né la mia filosofia: preferisco Confucio e Gandhi con la pace come centro dell’Universo.
Forse è naif ed utopico, è comunque un sogno che è bello avere, un traguardo spesso irraggiungibile,
che vale la pena preporsi.
Qualche cosa dentro di me in questi quattordici anni, privo di libertà è cambiato – il tempo
incarcerato intacca l’integrità . Non ho più i sonni tranquilli, come un tic nervoso, ci sono pensieri,
che, per quanto seriamente tentiamo, non riusciamo a controllare .
Così è la natura umana, ci dimentichiamo le cose che dovremmo ricordare e ci ricordiamo delle cose
che vorremo dimenticare. Per fortuna io ho voi come distrazione. I momenti di riflessione solitari
sono delle battaglie interne difficili da sostenere, a volte, un po’ codardo, ripiego rifugiandomi nel
diniego, evitando di pensare, di ricordare – eppure allo stesso tempo sono le memorie felici dei miei
primi 40 anni che mi hanno aiutato a rimanere sano di mente.
Rinchiuso in questa cella ho conosciuto il profondo significato della parola pazienza, ho imparato
a regolare l’autocontrollo del mio temperamento, ho imparato a valutare anche l’amicizia più
superficiale.
Negli anni 80 e 90 mi sentivo invincibile: riuscivo in qualunque fosse il soggetto in cui mi cimentassi,
i miei sogni si trasformavano in breve tempo in realtà. Ho avuto la fortuna di apprendere tante
lingue, ho fatto amicizia con persone da i più considerate ostili e inavvicinabili, ho vissuto e sono
stato accettato alle Hawaii, Australia, Indonesia, Filippine e Papua Nuova Guinea: paesi xenofobici
per eccellenza. Un’arma, fosse un coltello, una pistola, era un concetto relegato alla esclusive
cinematografiche.
Ho cercato di vivere la mia vita basandomi su valori sani .
Quattordici anni fa sono venuto a conoscenza di un nuovo mondo sino ad allora a me sconosciuto
ed ho provato la violenza ingiustificata, vigliaccherie, inganno, abuso e minestre liofilizzate.
Non è facile adattarsi ed accettare ciò che non approviamo, anche quando non esiste alternativa.
Ho imparato che ci sono battaglie nelle quali non posso lottare e tanto meno vincere. Ancora non
riesco a restare passivo di fronte ad un abuso, però adesso la mia reazione è più ponderata, meno
spontanea. L’eroe qui dentro ha vita breve. Cerco, quando possibile, di prevenire una collisione e se
impossibile, di limitarne i danni: sono amico di tutti e di nessuno. Durante il giorno sono socievole,
alla sera mi rinchiudo nel mio bozzolo ermetico in uno stato di trance meditativo dove ripercorro gli
anni vissuti felicemente, senza l’inquinamento dei cattivi pensieri.
So che oltre alle moltissime persone che credono nella mia innocenza, ce ne sono alcune,
fortunatamente poche, che tendono verso la versione di colpevolezza ed è a loro e anche a chi mi
ritiene colpevole, che voglio augurare un felice anno nuovo. In uno Stato democratico come l’Italia è
giusto che ognuno abbia diritto alla propria opinione, solo chiedo che l’opinione non sia influenzata
da motivi reconditi e cattiveria, non per me, ma per i miei familiari e per coloro che mi sono vicini.
Attaccare chi mi difende è una vigliaccheria. Abbiate il coraggio di attaccare me senza coinvolgere
altre persone.
Non ricordo e spero di non avere involontariamente commesso un gesto di cattiveria gratuita.
Ho sempre avuto la voglia di equiparare i migliori: dentro di me rifiutavo il concetto della parola
impossibile.
I valori morali, che ho avuto la fortuna di ereditare dai miei genitori, li ho poi appresi con l’esempio.
Allo stesso modo ho ricevuto punizioni adeguate per i miei sbagli giovanili. Mai dimenticherò
lo schiaffone di mio padre per essermi permesso di criticare ad alta voce una coppia seduta al
ristorante ad un tavolo limitrofo per aver diviso un piatto di minestra . Non ci fu bisogno di parole:
l’immediata vergogna provata non fu per l’imbarazzo dello schiaffo pubblico, ma per l’idiozia della
mia frase.
Grazie papà per ciò che mi hai insegnato. So che mi stai osservando dalla tua nuvoletta a forma
di albero di Natale. Il solo pensarti mi fa venire le lacrime agli occhi, però, so che sei fiero di me e
coloro che hanno la fortuna di vedere dall’alto, sanno che non hai motivo di vergognarti di tuo figlio.
Anche per te va il mio augurio e te lo mando usando il maestrale, il mio vento forte favorito .
Alla mamma, a Stefano, Gianni e Wilma e i miei figli questo messaggio: ” rimaniamo una famiglia
invidiabile”.
A tutti gli amici vecchi e nuovi un enorme abbraccio virtuale. La sola cosa che posso regalarvi sono
solo queste righe scritte di getto. Dico di getto, perchè spesso se non le imbuco immediatamente le
lettere dedicatevi sono tentato di accartocciarle: è immediata l’autocritica, la voce: “questa è la tua
vita Chico, quale è il motivo di renderla pubblica? stai peccando di presunzione!”
Alla fine però l’amore che provo per Voi prevale: con un amico ti puoi confidare, senza censura,
senza lasciare la crema tralasciando il resto. E’ per questo che, anche se qualche volta con le lacrime
agli occhi , continuo a scrivervi pubblicamente, perché questo è il minimo che posso fare per
contraccambiare le vostre continue incredibili dimostrazioni di solidarietà e d’amicizia.
Questa mia lettera di Natale è un po’ più triste delle precedenti e me ne scuso, però, rifacendomi al
Leopardi, proprio per questo è più vera.
Gli anni passano ed anche se il futuro è incerto, io non mollo, non lo farò mai.
Non possiedo nè la fama nè la voce di illustri predecessori, che hanno usato la lotta pacifica e la
resistenza passiva prima di me. Come loro però, credo in un mondo migliore, se non per me per i
nostri figli e per le generazioni a venire.
Con una palla di neve immaginaria Vi invio un augurio di Natale e un felice Anno Nuovo – di cuore.
Chico Forti